venerdì 24 luglio 2009

NUOVO INDIRIZZO DEL BLOG

ATTENZIONE: CI SIAMO SIAMO TRASFERITI SU UN NOSTRO SPAZIO A QUESTO INDIRIZZO:


Ci si arriva anche digitando .com e .it mentre questo indirizzo blogspot non sarà più aggiornato.
Chi ha linkato questa pagina può modificare l'indirizzo se vuole continuare a leggerci. Grazie!

mercoledì 22 luglio 2009

I corpi liberati


Silvia ha 22 anni, bionda, alta, bella. Frequenta l’Università e ogni tanto alla sera lavora come baby sitter. Le ho dato il dvd de IL CORPO DELLE DONNE già da qualche settimana perché il suo parere mi interessa; passano i giorni, ci incrociamo, Silvia abbassa gli occhi, saluta e si allontana. E’ chiaro che è imbarazzata, probabilmente il documentario non le è piaciuto.

Finalmente una sera la fermo e lei, occhi bassi, spiega. Spiega che non è che il documentario non le sia piaciuto, in parte è vero ciò che viene detto… però… forse siamo un po’ troppo severi… sorride. “In questi giorni” mi dice “va in onda una pubblicità di biancheria intima che mi piace moltissimo. C’è una ragazza stupenda che in mutandine e reggiseno, balla a ritmo di musica: è bellissima, si muove come una dea, è sexy… Questa no, vero?” mi chiede “Questa pubblicità va bene, questa ce la lasciate?”.

Belen parla di ecologia. Belen recita Marquez. Belen sale le scale del trampolino con la telecamera tra le cosce. Belen si toglie il copricostume. Belen sorride radiosa.

Belen Rodriguez non appare mai succube della situazione spesso imbarazzante in cui gli autori delle trasmissioni la costringono. Riesce ad esserne scanzonata padrona. Se c’è una certezza che emerge dalla visione di Sarabanda, trasmissione quotidiana di Canale 5, è che Teo Mammuccari è la valletta mentre in teoria ne dovrebbe essere il conduttore. Belen in bikini riesce a dominare la scena molto più di Mammuccari in giacca, ed è una grande novità. Flavia Vento sotto il tavolo ci provocava indignazione anche per il suo sguardo smarrito e sottomesso; la nostra reazione era di rabbia verso chi in quella posizione la umiliava.

Belen invece conosce le potenzialità del suo fascino e ci gioca con leggerezza, forte del potere del suo corpo sul pubblico maschile e femminile.

E’ da sempre enorme il potere d’attrazione del corpo delle donne, oggi però ne abbiamo più consapevolezza e ne restiamo noi stesse sorprese.

In particolar modo le giovanissime, come Silvia, paiono godere di questa scoperta: la loro è forse la prima generazione a nascere e crescere dentro un corpo liberato che non ha dovuto lottare per uscire da costrizioni e sottomissioni millenarie.

Io credo ci sia qualcosa di vero e forte in questa scoperta.

Intendo che Silvia, Belen e molte altre si avvicinino ad una scoperta potentissima senza riuscire a portarla a compimento.

Per secoli abbiamo assoggettato il corpo alla mente. A tratti oggi il corpo pare finalmente ribellarsi, liberarsi, aprirsi a nuovissime esperienze portandoci a scoperte rivelatrici.


Anni fa frequentai un lungo corso di espressività corporea in Germania con un grande maestro Dominic De Fazio con cui sondavamo la possibilità di esprimere e percepire la vita attraverso i corpi.

Spesso per me il lavoro era frustrante, imprigionata com’ero da anni dominati dalla mia mente ingombrante.

Un giorno, dopo 6 ore di training faticoso, salivo le scale del condominio in cui vivevo, a testa bassa. Arrivata al secondo piano alzai gli occhi verso la finestra che stava davanti a me e, intendo veramente ciò che scrivo, per la prima volta vidi il cielo. Fu in assoluto una delle emozioni piu grandi della mia vita.

La scoperta del corpo, e non è una novità assoluta ma per noi donne può esserlo, è foriera di cambiamenti rivoluzionari e conduce a cammini di percezione e conoscenza grandiosi.


La televisione attrae proprio per la sua proposizione ossessiva di corpi, lontani però da ogni forma realmente espressiva perché imprigionati in gesti ripetitivi e costretti dalla finzione intrinseca al mezzo televisivo.

E’ importante non arginare il cammino verso l’espressione del corpo che molte donne stanno intraprendendo, spesso sbagliando direzione, offrendo loro la proposizione di percorsi di ricerca alternativi al mezzo televisivo.

lunedì 20 luglio 2009

8.700.000

La statistica è una scienza piena di sorprese. Materia per nulla arida, ad appassionati detective può rivelare dati interessantissimi che spiegano molto più di lunghi articoli.

Ottomilionisettecentomila. 8.700.000 sono le donne di 60 anni e oltre che vivono in Italia secondo gli ultimi dati Istat.

Ottomilionisettecentomila. 8.700.000 sono i giovani (totali maschi e femmine) dai 18 ai 30 anni, che vivono in Italia secondo gli ultimi dati Istat.

Interessante vero?

Una multinazionale su questi dati ci costruirebbe la sua strategia: due target di consumatori, stesso peso numerico, diversa propensione al consumo, diversa possibilità di consumo.

Campagne pubblicitarie diversificate. Uguale attenzione per i due target, poiché potenziali consumatori.

E i partiti politici Italiani?

Del target giovani i politici italiani di entrambi gli schieramenti, discutono molto. Ciclicamente si va alla ricerca del candidato giovane che possa attirare gli elettori giovani. Da un punto di vista operativo, le politiche sul lavoro per i giovani però stentano a decollare con le conseguenze gravi che tutti conosciamo.

Sorprendentemente del target donne 60enni e oltre i politici non parlano mai: 9 milioni di persone invisibili. Circa il 15% della popolazione di cui ci si è dimenticati, se non per qualche articolo sull’età pensionabile.

Le nostre città sono piene di donne ultrasessantenni in piena attività, i giornali ne parlano,l’aspettativa media di vita femminile è di 84 anni e più, le nonne tengono in piedi le famiglie badando gratis ai nipoti e facendo le veci di strutture carenti. Sessantenni che si sposano, risposano, vanno in vacanza, si iscrivono a corsi di tutti i tipi, frequentano università della terza età.

Ognuno di noi conosce anche però 80enni donne vedove, che vivono sole con la pensione sociale, molte difficoltà, che non vanno mai in vacanza, con molti acciacchi e nessun aiuto.

9 milioni di persone di cui non sentiamo mai parlare, a cui non viene mai proposto un piano politico che tenga conto delle loro esigenze. Nessun discorso politico che, almeno per convenienza, le citi, le menzioni.

Tutte queste donne però votano, è bene ricordarlo.

Non sappiamo a chi vanno i loro voti.

Sappiamo però che per molte di loro la televisione è una forma di compagnia.

Nel vuoto di considerazione che le circonda, non è difficile ipotizzare che alcune di loro si sentiranno riconoscenti verso chi quella tv e dunque quella compagnia fornisce loro.

Da anni ci siamo accorti che l’Italia è un Paese di adulti, anziani e vecchi. Si possono esortare i partiti a prenderne atto e a farsi carico di politiche che dei bisogni di questi 9 milioni di donne, cioè 9 milioni di voti, si facciano carico?

venerdì 17 luglio 2009

Metterci la faccia/2

Mettere la faccia in ciò che si fa può significare metterci la propria vita.
Natalia Estemirova era una giornalista russa che indagava sulla violazione dei diritti umani in Cecenia e per questo è stata uccisa. Aveva ricevuto il premio Anna Politovskaya, un’altra donna che metteva la faccia in ciò che scriveva.
Le donne che in questo momento in giro per il mondo sono in prima linea per difendere la libertà sono tante, in Palestina, in Cina, in Iran solo per ricordarne alcune. Donne che spesso hanno famiglia e rischiano la vita perché vengano rispettati i diritti fondamentali di tutti.
La notizia della morte di Natalia l’ho letta mentre preparavo un post su Mercante in Fiera, dove la Gatta Nera in tenuta sadomaso ancheggia davanti ad un pubblico a casa fatto di bambini.
E ho provato un forte imbarazzo, una nausea insostenibile pensando al ciarpame di cui ci dobbiamo liberare prima di poterci occupare di cose che contano.
Ecco, agli uomini che scrivono al blog chiedendo con affetto come possono contribuire alla nostra denuncia, chiederei solidarietà e comprensione.
Solidarietà nel portare avanti un’istanza che ci permetta di vivere in un Paese dove il rispetto per le donne sia garantito. Comprensione per le tante di noi che anelano ad occuparsi di temi urgenti, belli, importanti ma che sentono il dovere innanzitutto di occuparsi della loro dignità di individui, senza la quale diventa difficile costruire un contesto in cui crescere giovani donne e giovani uomini.
Quanto tempo dedicato, a volte penso tempo di vita perso, per spiegare che siamo altro, siamo meglio,che potremmo rappresentare molto per la società. Tempo in cui potremmo invece essere chi realmente siamo.

mercoledì 15 luglio 2009

Un altro mondo è possibile, Yes we can, ecc

Non so voi, ma io ho ormai l’allergia agli slogan ipercitati tipo “yes, we can”, “un altro mondo è possibile” e così via.

Il problema nasce dall’abuso che se ne fa.

“Yes, we can” è nato per raggiungere un obbiettivo fino a tempo fa impensabile: un presidente nero e democratico alla Casa Bianca. Poi però l’abbiamo visto usare da parte di molte aziende per stimolare i propri dipendenti a superare la crisi, a farsi carico del raggiungimento di obiettivi difficili. E allora “Yes we can” ha perso la sua carica emotiva, è diventata un’incitazione svuotata del suo significato profondo ed etico e infastidisce persino perché declinata al raggiungimento del profitto, o di una meta sportiva o altre amenità.

“Un altro mondo è possibile” dovrebbe essere il memento davanti al nostro letto e che vediamo come prima cosa ogni mattina, anche in questo caso abusato e depredato della sua portata evocativa.

Il sottotitolo de IL CORPO DELLE DONNE potrebbe essere uno dei due slogan citati, quando ancora erano carichi di significato.


Vale la pena di raccontare la storia che ha condotto al documentario.

Lo scorso anno ho risentito parecchio della crisi economica, che ha avuto un unico risvolto positivo: mi si è liberato del tempo.

Nella lingua cinese la parola crisi è composta da due ideogrammi: il primo wei significa problema, il secondo ji significa opportunità. Il modo migliore per uscire da uno stato di crisi sembrava dunque quello di cogliere le opportunità di crescita in esso contenute.

Improvvisamente si sono liberati degli spazi durante il giorno, che potevo riempire a mio piacimento.

Non c’è stato un attimo in cui chiedermi cosa fare del tempo che si liberava nella mia vita.

Da anni mi occupavo di tematiche legate al femminile, all’estero per lo più, poiché in Italia il dibattito su queste tematiche mi pareva trattato troppo superficialmente.

Un amico proprio in quel periodo mi ha provocato stimolandomi a guardare la tv, da me abolita da anni, perché “solo guardando la tv avrei capito le donne italiane”.

L’ho preso in parola.

Durante le vacanze di Natale ci siamo chiusi in casa io Marco e Cesare con 2 tv, videoregistratori, scorte alimentari e abbiamo registrato centinaia di ore tv. Il lavoro poi si è arricchito con la visione di filmati su youtube e di archivio.

Ci appassioniamo, ci dimentichiamo del tempo, le giornate si susseguono veloci.


Qual’era il nostro obbiettivo quando siamo partiti, mi chiedo ora a distanza di 5 mesi dalla fine del montaggio.

Un obbiettivo minimo, apparentemente. Preparare un documentario di circa 20 minuti da far girare nelle scuole e nelle associazioni per stimolare la riflessione.

Però se ci penso con più attenzione l’obbiettivo era proprio quello di cambiare il mondo, niente di meno. Ciò che mi ha mosso è stata proprio una fortissima volontà di cambiare il mondo e la certezza di poterlo fare.

Si può obbiettare che il mondo sta andando avanti così com’era, che non è cambiato. Io non lo credo. Noi stiamo cambiando il mondo, così come stanno cambiando il mondo le molte persone che hanno avviato progetti in questa direzione e hanno la volontà di incidere sulla realtà che li circonda.

Il problema è l’ansia di volere raggiungere gli obbiettivi a breve che contraddistingue la nostra epoca.

Io sto incidendo fortemente sulla realtà che mi circonda, questo non significa che ne vedrò gli effetti nei prossimi mesi. La logica del mercato con la spinta feroce a raggiungere risultati sempre più a breve termine ci influenza e ci impedisce di darci obbiettivi importanti i cui effetti conprensibilmente si manifesteranno a lungo termine e di cui non è nemmeno detto che potremo essere testimoni.

Questo non deve togliere energia e mordente a quanto facciamo se è forte la consapevolezza di essere nel giusto e se non misurerò l’efficacia della mia azione solo in base al ritorno economico che ne ricaverò.


Tornando al racconto, finito il montaggio abbiamo iniziato a presentare il documentario nelle associazioni e da subito è parso evidente che il pubblico reagiva, che molte donne italiane erano pronte al dibattito e, con mia sorpresa, anche molti uomini.

Da questi incontri è partito un veloce passa parola che è arrivato all’orecchio di Gad Lerner, che l’ha mostrato a L’Infedele, che ci ha condotti a proporre il documentario sulla rete, ad aprire un blog, a continuare altri dibattiti, forse a scrivere un libro ecc.

Non avevamo previsto nulla di tutto questo.

L’investimento economico è stato minimo, l’investimento di tempo ed emotivo enorme.

Scrivo questo post per rispondere ai tanti ragazzi e ragazze che risentono del clima stagnante in cui siamo immersi e che perdono comprensibilmente la voglia di fare, di agire.

La Storia de IL CORPO DELLE DONNE parte da un soggiorno di casa, due pc, due videoregistratori, 3 amici: due uomini e una donna, tantissima passione, energia a 1000, a volte dalla rabbia per quello che vedevamo, più spesso dall’entusiasmo per quello che immaginavamo la tv potesse diventare.

Non mi piacciono né i cinici né gli scettici.

Non mi piace chi finge di commuoversi sentendo Martin Luther King o i discorsi ispirati di Obama, e poi ironizza sugli ideali che qualcuno ancora riesce ad esprimere qui da noi.

220mila persone hanno visto il documentario in due mesi, un fiume di persone che si sono ritrovate nella critica alla tv e si sono sentiti parte di un gruppo. Se anche finisse tutto qui, mi pare di poter dire che ne è valsa la pena.

sabato 11 luglio 2009

Ci piace di più il nostro, di modo di vivere


In Repubblica di oggi Serra evidenzia la frase più significativa espressa da Nanni Moretti nell’intervista rilasciata ieri “Mi piace più il mio, di modo di vivere”. Esprime, sostiene Serra, ”la certezza che si possa stare in una società di massa senza farsi troppo ricattare dalle mode, e condizionare dal terrore di essere in minoranza. Descrive esattamente il sentimento che è mancato a gran parte della sinistra italiana… L’orgoglio in overdose può essere letale… ma la sua mancanza trasforma in imbelli e in depressi.”




Di che cosa abbiamo paura? Chiediamo alla fine del documentario IL CORPO DELLE DONNE. La risposta non può essere solo una ma certo è che ci siamo fatte ricattare anche noi donne dal terrore di essere in minoranza, condizionate dalla moda che ci imponeva i suoi diktat da schiavisti, senza il giusto orgoglio che ha preservato Moretti, e dunque ridotte ad essere oggetti ad uso e consumo della società mercantile.

Ad uso e consumo del mercato sostengo, non degli uomini presi nella loro singolarità.

Gli uomini non ci vorrebbero oggetti a loro uso e consumo, non vorrebbero grechine e veline copie di personaggi web a loro volta copia di fantasie onanistiche che lasciano l’amaro in bocca.

Questa nostra tv italiana bene rappresenta il colpo di coda del patriarcato, sostiene Marina Terragni che mi intervista in Io Donna di oggi. E’ una tv totalmente in mano ad un pensiero misogino moribondo ma che non vuole morire e quindi cattivo e aggressivo, impaurito dall’enorme cambiamento che ci attende: un maschile che si esprima senza più donne da dominare.

Abbiamo una giustificazione noi donne al ricatto subito: usciamo da millenni di sottomissione e prima di dire con coraggio chi siamo, cosa sappiamo fare e come vorremmo farlo, dobbiamo imparare una dall’altra guardandoci e sostenendoci. Ci vuole tempo, pazienza e comprensione.

Gli uomini non ci vogliono grechine, ne sono convinta. E’ solo più facile credere di desiderare un oggettino, un soprammobile,anziché una donna interrogante che domanda di essere conosciuta e riconosciuta.

E quindi credo che stia oggi a noi donne accettare coraggiosamente il nostro percorso e proporre al mondo e agli uomini le nostre belle facce, la nostra idea di bellezza.

Lo dobbiamo a noi stesse innanzitutto.

Lo dobbiamo alle bambine e alle ragazze a cui è tempo di offrire nuovi modelli di femminile a cui ispirarsi.

giovedì 9 luglio 2009

Continuare ad impegnarsi

Susan George è una delle ideologhe del movimento no global, niente a che vedere con l'iconografia con cui ci siamo abituati ad immaginare chi combatte la globalizzazione: 75enne, sempre in tailleur, presidente onorario di Attac, si è sempre battuta per monitorare le decisioni di organizzazioni come il WTO o l'OCSE.
Scrive la George in un suo libro fondamentale, "Un altro mondo è possibile", che quando era ragazza, quindi intorno al '68, era facile capire cosa fare: bastava scendere in strada ed unirsi ad una delle tante manifestazioni che passavano.

Tempo fa per un mese ho raccolto le prime pagine dei quotidiani: tobin tax, tav, wto, ocse, farmaci e proprietà intellettuali, privatizzazione dell'acqua, ecc: titoli spesso incomprensibili ai più, a meno che non si abbia a disposizione molto tempo per capire, per approfondire. Quanti di noi sanno che è in corso una feroce corsa alla privatizzazione dell'acqua a livello mondiale per cui le multinazionali potrebbero diventare padrone di tutte le falde acquifere a breve? Per chi è stato in India recentemente la supremazia di Nestlè sull'acqua indiana è stata certamente lampante.

Da che parte vogliamo stare?
All'epoca di Susan George era facile: si era pro o contro la guerra in Vietnam.
Ora non è più così ed è sempre più necessario essere informati per potere decidere.
Posso ad esempio essere contrario alla privatizzazione dell'acqua ma favorevole al tav, treno alta velocità. E così via.
I partiti politici ci rappresentano sempre meno e non ci sollevano dal dovere prendere decisioni.

Molti di voi hanno espresso in queste ultime settimane il loro disappunto su come l'immagine delle donne viene proposta dalla nostra tv, su come viene calpestata la dignità di noi donne, trasgredendo all'articolo 3 della Costituzione. Alcuni hanno chiesto di "scendere in piazza".
Si scende in piazza, in questa epoca dove "se non appari non esisti", quando i numeri sono sufficientemente alti da far presuppore che i media daranno riscontro alla manifestazione.
Chi di voi c'era o ricorda la manifestazione delle donne di Milano a favore della 194 nel gennaio 2007, ricorderà che nonostante le persone in manifestazione fossero centinaia di migliaia, molti quotidiani diedero scarso rilievo all'evento, peraltro epocale.
Servono, a mio avviso, molto di più le azioni di advocacy, di cui poco si parla ma che sono molto efficaci.
Esistono organizzazioni silenziose e operose che monitorizzano le azioni di organizzazioni come il World Trade Organization: per capire cosa fanno potreste andare a vedere ad esempio il sito di www.crbm.org; in pratica controllano che queste macrostrutture facciano il loro dovere, se non lo fanno premono perchè lo facciano. Il lor compito è fondamentale ma i media li ignorano.

Il Corpo delle Donne si muove in questa direzione. Monitoriamo il comportamento della tv. Piccoli passi quotidiani verso una nuova proposta televisiva, il cui effetto si potrà misurare nel tempo.
E' passata sotto silenzio la vicenda ad esempio dell'acqua Rocchetta. La pubblicità metteva al confronto una miss Italia con una ragazza formosetta e piccolina insinuando che "bevendo Rocchetta", quest'ultima si sarebbe assotigliata.
Si è mosso il giurì della pubblicità ritenendo la pubblicità offensiva dopo avere ricevuto moltissime segnalazioni di critica a Rocchetta... La causa è stata persa ma l'azienda ha ritenuto comunque di voler ritirare la campagna perchè di acqua Rocchettta si era parlato troppo e male.
L'avere protestato ha dunque dato un risultato positivo.
Come ha detto giustamente Susan George: questa è un'epoca dove dobbiamo essere sempre molto informati ed attenti per sapere fare scelte corrette. E questo comporta molto tempo e molto impegno.

Non è ancora chiaro cosa è sucesso al sito ieri: stiamo attendendo una risposta da Google.

Google è uno strumento utile ed efficace con delle carenze incomprensibili: chiunque può segnalare un sito e bloccarne la diffusione anche senza un reale motivo.
Il vostro supporto e la disponibilità che ci avete manifestato ci danno l'energia per continuare ad impegnarci.

mercoledì 8 luglio 2009

La trasmissione viene momentaneamente interrotta?

Da stamane chi si vuole collegare al sito www.ilcorpodelledonne.com si trova l’accesso sbarrato da un avviso:

“Alcuni lettori di questo blog hanno contattato Google poiché ritengono che il contenuto del blog sia opinabile.”

Quali sono i contenuti opinabili?

E’ ancora possibile portare avanti una critica educata e circostanziata nella società in cui viviamo?

Siamo fiduciosi di potervi dare risposte rassicuranti al piu’ presto: ci siamo attivati per capire da Blogger chi e perché ci vuole oscurare.

Interpelleremo un avvocato per seguirci.

Nel frattempo sarebbe utile che chi ci legge, se lo ritiene opportuno, faccia circolare il racconto di quanto sta avvenendo Al nostro blog per evitare che accada ad altri.

Grazie. Noi comunque continueremo a scrivere, quindi…restate in contatto con noi!


lunedì 6 luglio 2009

Il corpo nudo


Il corpo nudo può suscitare emozioni profonde e bellissime.
Non solo il corpo esteticamente perfetto (com'è d'altronde un corpo esteticamente perfetto?), ma ogni corpo esposto può rivelare bellezze nascoste ed essere portatore di quel senso ultimo che andiamo costantemente cercando.

C'è stato un momento nella nostra storia recente in cui le donne hanno coraggiosamente preso possesso del loro corpo a lungo occultato dalla società. Alla fine degli Anni '60 al motto di "il corpo è mio e lo gestisco io", i corpi nudi femminili invadevano Woodstock e tutti i festival di musica, con una vera azione rivoluzionaria di liberazione da secoli di corsetti imprigionanti, reali e metaforici.


Per chi c'e
ra, e per chi non c'era, ci sono migliaia di foto a documentare, resta vivo il ricordo della verità di quei corpi esposti: non traspariva intenzione seduttiva dalla nudità; la seduzione e l'erotismo che si respirava sprigionavano naturalmente dai corpi liberati. Le donne erano soggetti attivi nell'esposizione del loro corpo denudato, decidevano di liberarlo ed esporlo.

Il corpo nudo televisivo diventa immagine pornografica perchè violato dalla telecamera che decide cosa inquadrare e dove indugiare, riducendo la donna a soggetto passivo e umiliandone il corpo così privato di volontà propria.

Quella artificiosità data dalla nudità esposta davanti alla telecamera, viene poi tragicamente copiata dalla realtà anzichè essere viceversa.

Che male c'è in un bel sedere nudo, mi chiede una lettrice nei commenti al post precedente?
Non c'è alcun male a mio avviso.
Ma nella telecamera che vìola l'intimità femminile, riducendo la donna a oggetto privato di volontà, è contenuto un messaggio molto negativo e lesivo della nostra dignità.

E per i cultori del genere lato B, consiglierei di sostituire le immagini voyeuristiche di lati B televisive, con molte immagini di bei sederi che ci ha lasciato Federico Fellini.

Un ultimo appunto, che mi sta particolarmente a cuore: lo stacchetto musicale che accompagna Belen che sale le scale per eccitare uomini dall'erotismo "mordi e fuggi", è nientemeno che "I'm simply the best" cantata da Tina Turner che della seduzione che può provocare un corpo ha molto da insegnare a tutta la troupe di Sarabanda.... (dura 5 mn ma già pochi secondi sono sufficienti).

venerdì 3 luglio 2009

Metterci la faccia

Ha scritto Nadia Urbinati su Repubblica che, di fronte a quanto sta accadendo in Italia, il silenzio di noi donne ammorba l’aria.

Grechine e veline italiane si sono avvicendate negli ultimi tempi sui quotidiani di tutto il mondo, così come grechine e veline sono le donne che pullulano in tv e che vengono descritte ne IL CORPO DELLE DONNE.

Perché non ci ribelliamo? Perché non ci occupiamo della nostra dignità? Voci di critica, di sconcerto, di denuncia si sono avvicendate negli ultimi tempi, ma non sembra che basti.

Deve sentirsi forte lo sdegno e l’opposizione allo sfruttamento vergognoso del corpo femminile nei media, da parte di tutte le donne italiane, altrimenti le nostre denunce cadranno nel vuoto.

Lo dimostra il fatto che mentre protestavamo, probabilmente in pochi, è partita una trasmissione preserale che strumentalizza pesantemente il corpo femminile. Ai dirigenti di Canale 5 non deve essere giunta l’eco del nostro sdegno.

Di seguito il video di Sarabanda, il programma di intrattenimento trasmesso da Canale 5 dal lunedì al venerdì dalle 18.50 alle 20, condotto da Teo Mammuccari e Belen Rodriguez. La puntata che vedete è andata in onda il 19 giugno. In questa fascia oraria il pubblico comprende un’ampia percentuale di bambini e ragazzi.



Le immagini che vedete sono state trasmesse alle 19.40 circa. Subito prima il collegamento con il Tg5, condotto da Cesara Buonamici, con le anticipazioni delle notizie del telegiornale che va poi in onda alle 20.

Questa struttura, cioè le anticipazioni del tg mandate in onda subito prima della panoramica del lato B di Belen, vale per tutte le puntate e tiene incollato il pubblico traghettandolo all'edizione del giornale delle 20. I costi degli investimenti pubblicitari, come sappiamo, sono direttamente collegati alla percentuale di audience raggiunta.

Al lato B di Belen è affidato quindi il compito di rendere gli spot pubblicitari più remunerativi per l’azienda non facendo cambiare canale al telespettatore fino al tg.

Quante di queste immagini dovremo ancora vedere per uscire dalla nostra afasia? Quando arriverà l’immagine ultima che ci farà reagire?

Potremmo chiedere agli autori di Sarabanda Alvise Borghi, Riccardo di Stefano, Flavio Andreini e Alfredo Morabito e al regista Roberto Cenci di uscire allo scoperto e di motivarci la loro scelta:


- E’ necessario riprendere da un punto di vista ginecologico la presentatrice mentre sale le scale?

- Sono gli autori consapevoli che di là dallo schermo ci sono dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze?

- Si rendono conto che ciò che mostrano offende profondamente la dignità delle donne?

- Sono certi che l’auditel riporterebbe dati catastrofici di audience se la telecamera inquadrasse la figura intera di Belen anziché il suo sedere in primo piano e dal basso, fino ad intravederne la peluria?

- E le aziende che investono in pubblicità durante la trasmissione si rendono conto che le donne, le acquirenti dei loro prodotti lì pubblicizzati, potrebbero decidere di volere uscire dal silenzio che le immobilizza da anni e quindi non acquistare più i loro prodotti?


Ritengo impellente riportare in primo piano il lato A e cominciare a mettere la faccia in ciò che facciamo, assumendoci le responsabilità delle nostre azioni, iniziando da autori e registi di programmi televisivi.


mercoledì 1 luglio 2009

I corpi per Pina Bausch

Gran parte del consenso che sta ottenendo IL CORPO DELLE DONNE è dovuto al filmato che lo conclude.



Poche tra le molte persone che hanno visto il video menzionano questa scena, ma senza questi pochi secondi che mostrano cio che dolorosamente abbiamo cercato di raccontare con immagini e parole per i 22 minuti precedenti, IL CORPO DELLE DONNE avrebbe avuto molto meno forza, avrebbe provocato molte meno lacrime, suscitato molti meno discussioni, disturbato molte meno coscienze.

Nell’inerzia della donna, nella sua resa alle mille mani maschili che frugano palpano cercano, come non riconoscere almeno una parte di noi?

Si parla molto di corpi di questi tempi.

Corpi di veline, corpi di grechine, corpi vuoti di senso, manichini aggiustati al gusto del momento o del capo di turno: oggi vai bene formosa, domani chissà…

Corpi ostentati con apparente smaliziata esperienza e che sono così evidentemente ignari di ogni vera coscienza di se’.

E’ una perdita enorme per le donne e per gli uomini questa assenza di verità nei corpi televisivi.


Pina Bausch ha lavorato tutta la vita sui corpi, corpi di donne specialmente, ma anche corpi di uomini.

Essendo una grande artista, riusciva a raccontare la vita attraverso i corpi dei suoi attori/ballerini, per cui assistere ad un suo spettacolo era come mettersi alla finestra per tre ore e guardare la vita, e che vita!, passare davanti ai propri occhi.

A Torino lo scorso dicembre, era tornata per portare un suo capolavoro: Kontakthof. Uno studio nato per ballerini giovanissimi e poi continuato sui corpi dei vecchi, sui segni che la vita ci lascia in ricordo del fatto di averla vissuta. La bellezza di quei corpi di vecchi attori che si muovevano sul palco! Mai era stata così forte in me la certezza che la vita espressa sapientemente da un corpo può regalare le emozioni piu intense.

Su youtube si trovano altre meraviglie: Cafe Muller, Palermo Palermo, Nelken… dove i ballerini sono giovani e i corpi denudati e bellissimi raccontano le vicende di noi uomini e donne meglio di mille discorsi.


Ieri è morta Pina Bausch.

Mi sento ancor più di affermare che è un dolore, una vergogna ed un affronto terribile assistere allo scempio dei corpi televisivi. Corpi giovani e ignari a cui viene preclusa l'emozione che deriva dallo scoprire di potersi esprimere attraverso il corpo e di poterne quindi mostrare la meravigliosa vulnerabilità.



 
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